La Sicilia dei comuni in dissesto, il sindaco Fabio Accardi scrive a Mattarella

La Sicilia dei comuni in dissesto, il sindaco Fabio Accardi scrive a Mattarella

- in Barrafranca

“La Sicilia fallita”, sono tantissimi i comuni che hanno dichiarato il dissesto e quelli prossimi a farlo. Nella maggior parte dei casi questi sono i risultati dei tagli effettuati ai danni dei Comuni siciliani dallo Stato e dalla Regione. Va detto, infatti, che – a parte di debiti fuori bilancio (che sono comunque un’anomalia alla quale si dovrebbe mettere la parola fine, perché nascondono, spesso, operazioni clientelari) – il fallimento sostanziale di questi Comuni siciliani non è dovuto a spese ‘allegre’, ma all’impossibilità di andare avanti per mancanza di soldi. I cittadini stanno imparando a proprie spese, è proprio il caso di dirlo, a convivere con una situazione di servizi poco efficienti se non addirittura inesistenti, in alcuni casi, ad a tariffe portate al massimo nell’ambito delle tasse comunali per un periodo potrebbe arrivare anche ad una decina di anni.

Il sindaco di Barrafranca, Fabio Accardi ha preso carta e penna ed ha scritto al presidente della Repubblica Mattarella, alla nostra domanda sul perchè di tale decisione, non concordata tra altri sindaci nelle stesse condizioni, ci ha risposto –   lAlla luce del decreto salva Catania che aiuta le città metropolitane di Catania, Messina, Roma e Torino dimenticando che ci sono più di trenta Comuni Siciliani e ogni giorno se ne aggiungono altri che vivono una perenne agonia. Sono cifre considerevoli anche per una sola città che potrebbero, se distribuite opportunamente salvare tanti piccoli comuni, come il nostro. Il mio vuole essere un appello alla massima autorità dello Stato – continua il sindaco – a nome dei cittadini barresi che mi onoro di rappresentare.

La lettera al Presidente della Repubblica

 

Al Presidente della Repubblica 5. attarella
ep.c.:
Prefetto di Enna
Presidente del Consiglio Comunale Dr. G. Di Dio Ai Sindaci dei Comuni siciliani in dissesto finanziario

 

Egregio Signor Presidente,

Chi Le scrive è il Sindaco di Barrafranca, piccolo Comune dell’entroterra siciliano in dissesto. Apprendo con grande piacere dell’approvazione dell’emendamento che prevede un fondo per aiutare i Comuni metropolitani in dissesto (emendamento “salva Catania”) Condivido la scelta che sicuramente darà la giusta possibilità, a questi grandi Comuni, di continuare a garantire ai cittadini i servizi essenziali e, ciò non di meno, lo stipendio ai loro dipendenti evitando il rischio di disordini sociali. Purtroppo, devo registrare l’assenza di misure in favore dei Comuni siciliani piccoli e medi (dai 3.000 ai 50.000 mila abitanti) in dissesto, attualmente una trentina, il cui numero è destinato a crescere, e che nel loro insieme rappresentano una popolazione pari ad una grande città. Ma ancor di più rappresentano il tessuto socio economico e culturale della Sicilia, la spina dorsale, l’anima vera di questa bellissima terra. Noi siamo le colline dorate del grano, il protùmo di zagara delle piane, siamo i campanili e le piazze dell’entroterra e delle coste. In questi anni, in silenzio, con senso delle Istituzioni e spirito di servizio, ho amministrato, con notevoli difficoltà, il mio Comune. Difficoltà legate soprattutto alla scarsità di risorse economiche e all’indebitamento ereditato. Abbiamo dovuto chiedere enormi sacrifici ai Nostri Concittadini sia in termini di riduzione alPessenziale di servizi specialmente per le fasce deboli, sia in termini di aumento del peso fiscale locale, come richiesto daI Ministero dell’interno. Abbiamo dovuto intraprendere misure di lacrime e sangue e, tutto ciò, in un momento storico particolare dove le povertà aumentano e le Nostre comunità si spopolano per l’assenza di lavoro. Abbiamo sacrificato i Nostri Dipendenti, in molti Comuni in dissesto non si riescono a pagare gli stipendi per parecchi mesi, alcune unità lavorative sono state autorizzate alla mobilità al fine di ridurre la spesa del personale depauperando il capitale umano e professionale dei nostri Enti. E infine, non sappiamo che fine faranno i dipendenti a tempo determinato (precari ma solo formalmente perché oramai in servizio da più di 20 anni) per i quali, se non si potrà intervenire, non rimarrà che il licenziamento perché non potremo rinnovare a fine anno il loro contratto. Queste sono alcune delle preoccupazioni e il peso che porto nell’amministrare un Comune dichiaratamente fallito e che mi spingono a rivolgermi a Lei, Signor Presidente, perché se da un lato apprezzo gli sforzi del Governo e dcl Parlamento nel salvare le Città metropolitane in dissesto, temo dall’altro che, non prevedendo misure di aiuto finanziario per i Comuni piccoli e medi in dissesto, non solo viene discriminata una parte importante di questa terra ma ancor di più vengono discriminate migliaia di Cittadini che non potranno godere degli stessi diritti e degli stessi servizi di altri e condanneremo i nostri Enti ad una agonia perenne con conseguenze irreversibili e nefaste per le nostre Comunità.
A Lei Signor Presidente, il mio accorato appello al fine di ristabilire parità di trattamento tra gli Enti intermedi ed in modo particolare tra Cittadini, così come previsto dai principi costituzionali.
In attesa di un Suo riscontro, l’occasione gradita per porgere cordiali e ossequiosi saluti.

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