In Europa. La sinistra da che parte sta?

In Europa. La sinistra da che parte sta?

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Il 6 dicembre si è votato per il rinnovo dei consigli regionali in Francia, in Corsica e anche nei territori d’oltremare, il 13 dicembre è previsto il turno di ballottaggio.

Al primo turno, il Front National, il partito di estrema destra di Marine Le Pen si è attestato primo partito con il 28% dei voti a livello nazionale ed è in testa in sei regioni su dodici, resta sotto il 27% il partito conservatore Les Républicains dell’ex presidente Nicolas Sarkozy, mentre la vera sconfitta dei socialisti del Parti Socialiste, oggi al governo con il presidente François Hollande, che ottengono solo il 23% dei voti. Le previsioni del turno di ballottaggio di domenica sembrano rimanere su questo trend.

Già nelle elezioni europee dello scorso anno l’FN aveva raggiunto il 24,9%, poi a marzo 2015 ha superato questa soglia con il 25,2% alle dipartimentali, mentre alle Regionali del 2010 si era fermato all’11,4% e alle presidenziali del 2012 al 18%. Questo dimostra che il partito di Le Pen si è pian piano radicato nel territorio francese e ha aumentato il suo consenso fino a raggiungere questi risultati. Quindi non è solo frutto del populismo becero che dilaga in tutte le democrazie occidentali o lo sfogo del voto di protesta, ma di un’ascesa che dura da anni e che ha cercato di conquistare prima di tutto un’egemonia culturale, prima che quella politica. Chi oggi vota Marine Le Pen, sua nipote Marion e il Front National, lo fa perché crede in dei valori – sicuramente discutibili – ma pur sempre valori. Come ad esempio la difesa dell’identità nazionale tramite la lotta “di civiltà” magari non contro un singolo musulmano ma sicuramente contro l’Islam.

Quei voti sono la risposta di persone che chiedono maggiore sicurezza di fronte alle sfide dell’Europa di oggi, che rischia di far sgretolare tutte le certezze del passato.

Marine Le Pen durante questo periodo di campagna elettorale, ha sicuramente fatto qualche mezzo passo indietro su certi temi: fino a qualche mese fa si proclamava euroscettica ed antieuropeista convinta, successivamente – considerate le paure dei francesi su una probabile uscita dall’Ue – si è detta favorevole ad un’uscita progressiva dall’euro ma non dalla Ue.

Qualche opinionista scrive che il voto in Francia e l’avanzata delle destre siano sintomo di un semplice sfogo in voto di protesta, qualcuno addirittura si è tentato di attribuire questo risultato agli attacchi terroristici di Parigi.

Ma la vera ragione di questa crescita continua che dura ormai da anni, che va oltre i confini francesi e avanza anche nel resto d’Europa, sconvolgendo il clima di sviluppo della direzione europeista, è dovuta soprattutto alla mancanza di una vera grande forza unitaria europea e di sinistra, in grado di rappresentare l’alternativa, sia alle destre moderate che alle destre estreme e al populismo. Ad oggi le forze di sinistra in Europa non sono state in grado di promuovere un progetto alternativo ed efficace a scongiurare la crescita di paure e disorientamenti dei cittadini europei. Non solo a livello europeo ma anche all’interno dei singoli paesi membri dell’Ue.

François Hollande e i socialisti francesi si sono concentrati nell’importante tentativo di risanare i conti pubblici in Francia, ma hanno tralasciato quelle idee e quelle proposte strettamente connesse ai valori d’identità di una forza che si dice progressista e di sinistra; fatta eccezione per il “mariage pour tous”, la legge per il matrimonio egualitario anche per le coppie dello stesso sesso, con cui la Francia nel 2013 divenne il 14° paese nel mondo ad autorizzarlo.

Marine Le Pen aveva più volte annunciato di volere chiudere le frontiere ai migranti, così come in Italia grida qualche altro. Fatto sta che dall’opposizione il Front national riuscì a dettare la linea politica al Governo francese, che finì per chiudere veramente l’accesso a Ventimiglia in barba al Trattato di Schengen.

Negli anni la cultura dei valori è sempre stata quella di sinistra, con i temi di fiducia nel progresso, radicati nel multiculturalismo, nella solidarietà e nell’uguaglianza. Grazie ai quali oggi possiamo godere di strutture straordinarie e tangibili come il grande progetto di una Europa libera, fondata sulla pace e sulla stabilità.

Idee e valori che vengono da lontano e che si rifanno alla storia e ai grandi personaggi come Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni e Ursula Hirschmann, che nel pieno periodo della Seconda guerra mondiale, tra il 1941 e 1944, proprio durante i loro lunghi anni di carcere e di confino per via della dittatura fascista, ebbero la forza di scrivere in segreto il Manifesto di Ventotene dal titolo “Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto”, dal quale trae ispirazione il progetto dell’Unione europea, iniziato e non ancora compiuto.

Col tempo però questi pilastri, che hanno profonde radici nelle idee e nei valori che hanno fatto da base per la costruzione delle moderne democrazie, appaiono sempre più offuscati, a volte vengono quasi dimenticati e disprezzati, altre volte addirittura è a rischio la loro stessa stabilità. E in tutto questo, invece di avanzare verso la realizzazione del progetto federalista europeo, siamo rimasti bloccati dopo aver fatto solo qualche timido passo avanti.

C’è anche da dire che in questi anni l’Europa si è trovata – e si trova – ad affrontare problemi e sfide molto grandi. Le minacce derivano sicuramente da diverse parti, alcune sono frutto di eventi e fenomeni esterni e sicuramente molto difficili da controllare ed arrestare: si pensi ai recenti attacchi terroristici che vanno a colpire direttamente il cuore dell’Europa, della democrazia, della libertà e di conseguenza quei pilastri portanti su cui essa si fonda.

Altri freni invece sono quelli interni, che sono costituiti da forze politiche particolarmente avverse alla costruzione di un percorso che porti alla realizzazione di un’Unione europea veramente forte e unita. Questi sono attori ben diversi e distinti dai primi, ma rappresentano pur sempre delle minacce all’azione di consolidamento degli equilibri e delle istituzioni, europee e anche nazionali.

Si pensi ad esempio alle rigide posizioni di alcuni paesi membri che si contrappongono alla centralizzazione dei poteri politici a Bruxelles e si rifiutano all’idea di “cedere” parte della loro sovranità nazionale, bloccando di fatto il percorso naturale verso un’unione politica europea che avrebbe potuto evolversi in una federazione di stati, gli Stati Uniti d’Europa.

Altro importante passo da compiere con più determinazione e coraggio è quello verso un’Europa solidale in cui vengano messi al centro l’equità, l’inclusione, la giustizia sociale, le pari opportunità e la cooperazione per uno sviluppo sociale paritario, in cui le periferie d’Europa e le classi svantaggiate abbiano più attenzioni di quelle date alle politiche di austerity.

Tutto questo può essere possibile solo con una maggiore cooperazione tra gli stati e con una unità delle forze politiche progressiste ed europeiste di sinistra contrapposte a quelle populiste ed euroscettiche.

Contro le pulsioni alla “rinazionalizzazione” e alle secessioni, contro la xenofobia, contro le politiche di austerità, contro chi individua come nemici l’Ue e le sue istituzioni, la sinistra europea deve decidere da che parte stare.

L’Unione europea invece può e deve rispondere con più Europa, più solidarietà, più politica, più equità, più opportunità, più giustizia sociale, più inclusione e con una strategia politica ed economica che guardi al presente ma anche al futuro, rilanciando il progetto degli Stati Uniti d’Europa.

Calogero Aquila

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