Il Cinque Maggio di Alessandro Manzoni

Il Cinque Maggio di Alessandro Manzoni

- in Cultura
Alessandro Manzoni

Il 5 maggio del 1821 moriva il grande politico e stratega Napoleone Bonaparte (1769-1821). Vogliamo ricordarlo parlando di una delle più famose odi delle letteratura italiana: Il Cinque Maggio di Alessandro Manzoni.

Il Cinque Maggio è un’ode scritta da Alessandro Manzoni (1785-1783) in occasione della morte di Napoleone Bonaparte in esilio sull’isola di Sant’Elena, avvenuta il 5 maggio 1821. Il fatto scuote l’opinione pubblica e ancor di più scuote, offrendo un motivo di riflessione, Alessandro Manzoni che compone quest’ode di getto, nell’arco di tre giorni. Il componimento, nonostante l’ostacolo posto dalla censura austriaca, circola largamente e ha un grandissimo successo finché non viene finalmente pubblicato da un editore torinese e tradotto in varie lingue. L’autore rievoca, commosso, la figura di Napoleone, che tanto lo attrae, partendo dal momento della sua morte: questo evento provoca un grande sgomento poiché Napoleone ha retto le sorti di un’intera epoca e di un intero continente. Non resta che il silenzio, la terra è attonita, è presto per dire se quella di Napoleone fu una vita gloriosa o meno ma è certo che la sua fu un’esistenza caratterizzata da imprese leggendarie che lasciarono il mondo sbigottito.

Napoleone Bonaparte

Questa rievocazione si svolge intorno a due temi centrali:   la grandezza di Napoleone e la sconfitta del medesimo. Per quanto sconvolgente,  la grandezza di Napoleone non è che un pallido riflesso della grandezza di Dio, unico a cui vanno ricondotte le sorti e le vicende umane. La storia, infatti, trova un senso solo se rapportata a un disegno divino e provvidenziale e questa è espressione vividissima dell’idea di Manzoni sul senso della storia e la presenza di Dio. La sconfitta di Napoleone e la sua sofferenza nel solitario esilio, diventano un momento di riflessione e di pace spirituale se vissute cristianamente e attraverso la fede. Napoleone, nei suoi ultimi giorni, doveva essersi rifugiato nella preghiera e questo placò il suo dolore, secondo Manzoni.

L’ode è un componimento che conta strofe di sei settenari con schema ritmico ABCBDE. Lo stile è incalzante, rapido e caratterizzato da bruschi cambi di scena che vogliono rendere il vivere frenetico e avvincente di Napoleone.   Nel testo troviamo l’uso alternato di due tempi verbali la cui scelta non è certo casuale:   Il tempo dominante è il passato remoto, usato per parlare di Napoleone e delle sue imprese, e serve a segnare una realtà compiuta, terminata. Spesso usato in apertura del verso e a inizio strofa vuole dare l’idea di una svolta fra un “prima” glorioso e un presente in cui tutto si è spento. Il presente segna invece il momento della scrittura del poeta, fa riferimento al momento presente in cui Manzoni scrive, ma anche al tempo della fede (Dio che atterra e suscita/che affanna e che consola) e indica un tempo immutabile ed eterno.

Ei fu. Siccome immobile,
dato il mortal sospiro,
stette la spoglia immemore
orba di tanto spiro,
5        così percossa, attonita
la terra al nunzio sta,
muta pensando all’ultima
ora dell’uom fatale;
né sa quando una simile
10        orma di piè mortale
la sua cruenta polvere
a calpestar verrà.
Lui folgorante in solio
vide il mio genio e tacque;
15        quando, con vece assidua,
cadde, risorse e giacque,
di mille voci al sonito
mista la sua non ha:
vergin di servo encomio
20        e di codardo oltraggio,
sorge or commosso al subito
sparir di tanto raggio;
e scioglie all’urna un cantico
che forse non morrà.
25        Dall’Alpi alle Piramidi,
dal Manzanarre al Reno,
di quel securo il fulmine
tenea dietro al baleno;
scoppiò da Scilla al Tanai,
30        dall’uno all’altro mar.
Fu vera gloria? Ai posteri
l’ardua sentenza: nui
chiniam la fronte al Massimo
Fattor, che volle in lui
35        del creator suo spirito
più vasta orma stampar.
La procellosa e trepida
gioia d’un gran disegno,
l’ansia d’un cor che indocile
40        serve pensando al regno;
e il giunge, e tiene un premio
ch’era follia sperar;
tutto ei provò: la gloria
maggior dopo il periglio,
45        la fuga e la vittoria,
la reggia e il tristo esiglio;
due volte nella polvere,
due volte sull’altar.
Ei si nomò: due secoli,
50        l’un contro l’altro armato,
sommessi a lui si volsero,
come aspettando il fato;
ei fe’ silenzio, ed arbitro
s’assise in mezzo a lor.
55        E sparve, e i dì nell’ozio
chiuse in sì breve sponda,
segno d’immensa invidia
e di pietà profonda,
d’inestinguibil odio
60        e d’indomato amor.
Come sul capo al naufrago
l’onda s’avvolve e pesa,
l’onda su cui del misero,
alta pur dianzi e tesa,
65        scorrea la vista a scernere
prode remote invan;
tal su quell’alma il cumulo
delle memorie scese!
Oh quante volte ai posteri
70        narrar sé stesso imprese,
e sull’eterne pagine
cadde la stanca man!
Oh quante volte, al tacito
morir d’un giorno inerte,
75        chinati i rai fulminei,
le braccia al sen conserte,
stette, e dei dì che furono
l’assalse il sovvenir!
E ripensò le mobili
80        tende, e i percossi valli,
e il lampo de’ manipoli,
e l’onda dei cavalli,
e il concitato imperio,
e il celere ubbidir.
85        Ahi! Forse a tanto strazio
cadde lo spirto anelo,
e disperò; ma valida
venne una man dal cielo
e in più spirabil aere
90        pietosa il trasportò;
e l’avviò, pei floridi
sentier della speranza,
ai campi eterni, al premio
che i desideri avanza,
95        dov’è silenzio e tenebre
la gloria che passò.
Bella Immortal! benefica
Fede ai trionfi avvezza!
scrivi ancor questo, allegrati;
100        ché più superba altezza
al disonor del Golgota
giammai non si chinò.
Tu dalle stanche ceneri
sperdi ogni ria parola:
105        il Dio che atterra e suscita,
che affanna e che consola,
sulla deserta coltrice
accanto a lui posò.

Rita Bevilacqua

You may also like

Addio al fondatore del Treno Museo di Villarosa. Lutto per la scomparsa di Primo David

La scomparsa di Primo David, fondatore del Treno