Feste e tradizioni del 1° maggio a Barrafranca e non solo

Feste e tradizioni del 1° maggio a Barrafranca e non solo

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(Foto dal web)

Tante sono le feste e le tradizioni che si svolgono il primo giorno di maggio. Prima di parlare delle antiche tradizioni che si svolgevano in questo giorno a Barrafranca, diamo un’occhiata all’origine della festa del 1° maggio.

A livello nazionale si celebra la “festa dei lavoratori”. L’episodio che ha ispirato la data nella quale in molti Paesi del mondo si celebra la Festa del lavoro (o dei lavoratori), avvenne negli Usa, a Chicago il 1° maggio del 1886. Quel giorno era stato indetto uno sciopero generale in tutti gli Stati Uniti con il quale gli operai rivendicavano migliori e più umane condizioni di lavoro. Tre anni dopo, il congresso della Seconda Internazionale, riunito il 20 luglio 1889 a Parigi, lanciare l’idea della manifestazione: “Una grande manifestazione sarà organizzata per una data stabilita, in modo che simultaneamente in tutti i paesi e in tutte le città, nello stesso giorno, i lavoratori chiederanno alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore e di mandare a effetto le altre risoluzioni del Congresso di Parigi”. Poi, quando si passa a decidere sulla data, la scelta cade sul 1 maggio. Una scelta simbolica: tre anni prima, infatti, il 1° maggio 1886, una grande manifestazione operaia svoltasi a Chicago, era stata repressa nel sangue. Inizia così la tradizione del 1° maggio, un appuntamento al quale il movimento dei lavoratori si prepara con sempre minore improvvisazione e maggiore consapevolezza. Nel volgere di due anni però la situazione muta radicalmente: Mussolini arriva al potere e proibisce la celebrazione del 1° maggio. Durante il fascismo la festa del lavoro è spostata al 21 aprile, giorno del cosiddetto Natale di Roma; così snaturata, essa non dice più niente ai lavoratori, mentre il 1° maggio assume una connotazione quanto mai “sovversiva”. Durante il fascismo la festa del lavoro è spostata al 21 aprile, giorno del cosiddetto Natale di Roma; così snaturata, essa non dice più niente ai lavoratori, mentre il 1° maggio assume una connotazione quanto mai “sovversiva”. All’indomani della Liberazione, il 1° maggio 1945 partigiani e lavoratori, anziani militanti e giovani, si ritrovano insieme nelle piazze d’Italia in un clima di entusiasmo. Appena due anni dopo il 1° maggio è segnato dalla strage di Portella della Ginestra, dove gli uomini del bandito Giuliano fanno fuoco contro i lavoratori che assistono al comizio. Nel 1947 la festa del lavoro e dei lavoratori divenne ufficialmente festa nazionale italiana. Nel 1948 le piazze diventano lo scenario della profonda spaccatura che, di lì a poco, porterà alla scissione sindacale. Bisognerà attendere il 1970 per vedere di nuovo i lavoratori di ogni tendenza politica celebrare uniti la loro festa. Oggi un’unica grande manifestazione unitaria esaurisce il momento politico.

San Giuseppe lavoratore (foto web)

La Chiesa Cattolica il 1° maggio festeggia san Giuseppe lavoratore. Pio XII (1955) istituì questa memoria liturgica nel contesto della festa dei lavoratori, universalmente celebrata il 1° maggio, per riconoscere la dignità del lavoro umano, come dovere e perfezionamento dell’uomo, esercizio benefico del suo dominio sul creato, servizio della comunità, prolungamento dell’opera del Creatore, contributo al piano della salvezza, rappresenta appunto da Giuseppe l’artigiano.

In particolare a Barrafranca (EN) fino agli anni ’70 la Camera del Lavoro per festeggiare il giorno dei Lavoratori allestiva in Piazza Regina Margherita il tradizionale “albero della Cuccagna”. L’albero della cuccagna è un gioco popolare in cui i contendenti si arrampicano su un palo ricoperto di grasso scivoloso per accaparrarsi prosciutti, salami o altri generi alimentari. Questi premi che pendono toccano a chi riesce a raggiungerli. Accanto all’albero erano organizzati vari giochi, come la corsa degli asini e la corsa dei sacchi. Una sagra vera e propria dove la gente poteva divertirsi e rilassarsi. L’origine dell’albero della cuccagna si perde nella notte dei tempi ed è probabilmente legata al culto celtico della fertilità.

Albero della cuccagne (foto web)

L’antropologo James Frazer ne fa risalire l’origine ai culti celtici diffusi in tutta Europa, le cosiddette feste di maggio. Il 1° maggio era legato in tutta Europa alle tradizioni popolari che s’ispiravano agli antichi culti del fuoco e degli alberi. Già in epoca romana, il 1° di maggio si offrivano sacrifici in onore di Maia. Tali feste vedevano al centro l’Albero di Maggio, venerato come simbolo della nuova vitae che rappresentava la nuova stagione. Attorno all’albero sacro si celebravano le feste principali delle civiltà agricole arcaiche: passaggio dalla primavera all’estate, rappresentato dell’albero di Primavera e il passaggio dall’autunno all’inverno, rappresentato dall’albero di Natale.L’albero di primavera, quello che rimanda ai riti orgiastici in onore della fecondità della terra e degli uomini, si chiama in tedesco Maibaum e in inglese Maypole: la figura di entrambi è quella di un alto albero adorno di fiori e nastri e colori, che connette il cielo e la terra, attorno al quale i giovani danzano a primavera. Lo stesso rito in Italia si chiama Maggio. Il culto pagano degli alberi sopravvive in Italia nel Calendimaggio toscano, le cui propaggini si estesero verso l’Appennino ligure ed emiliano. Un ramo fiorito o un albero intero, detto majo, colto nei boschi da brigate di giovani prima dell’alba, era portato in processione e offerto alle autorità del paese o alle ragazze. Per quanto riguarda la Sicilia, seguendo quanto scrive il Pitrè, possiamo dire che non è mai esistita una festa simile al Calendimaggio anche se «il giorno 1° di maggio per alcuni, – scrive il Pitrè- il giorno 3 per altri, è la festa de’ fiori. “U sciuri di Maju” (Chrysantemum coronarium) col suo fiorire annuncia la primavera. I ragazzi e le ragazze, il 1° del mese vanno a coglierne grandissima quantità e se ne adornano il capo, il seno, e a piene mani recano ed offrono altrui (Noto). Altri né fan mazzolini e ne intrecciano ghirlande. I carrettieri notigiani ne parano cavalli, asini e muli».

Ritornando a Barrafranca, fino alla riforma del Concilio Vaticano II (1962-1965) che ebbe, tra le tante riforme, quella di eliminare alcune processioni barresi, il 1° maggio si portavano in processione le statue di san Giuseppe, che usciva dall’omonima chiesa (sita nell’attuale Piazza San Giuseppe ( la chiesa fu definitivamente distrutta nel 1979) e la statua di san Pasquale Baylon (la Chiesa lo festeggia il 17 maggio) che usciva dalla chiesa di San Francesco. La processione, che percorreva l’attuale “via dei Santi”, si svolgeva in occasione della festa dei lavoratori e della ricorrenza liturgica di  San Giuseppe protettore degli artigiani e dei lavoratori in genere. I pastori, invece, avevano come Santo protettore  san Pasquale. Essendo presente a Barrafranca una statua di san Pasquale appunto, ed essendoci l’associazione chiamata “Società dei pastori” che aveva la sede in via Roma, accanto all’ex chiesa di san Giuseppe (gestita dal signor Giuseppe Mosto), si decise allora di portare in processione entrambe le statue: quella di san Giuseppe era portata a spalla dall’omonima Confraternita, mentre quella di san Pasquale dai membri “Società dei pastori”. In questo modo venivano rappresentate tutte le categorie dei lavoratori.

Santa Famiglia di Nazareth- Barrafranca

Nel primo decennio del 2000 in questo giorno si festeggiava la Santa Famiglia di Nazareth, la cui statua si trova nell’omonima chiesa. Agli inizi,  la festa si svolgeva in concomitanza della festa liturgica dell’ultima domenica di dicembre. Tuttavia i festeggiamenti, che prevedevano anche una processione serale, non erano molto seguiti dai barresi, forse  a causa delle fredde temperature  di dicembre. Così il compianto don Giovanni Pinnisi, parroco della chiesa Santa Famiglia di Nazareth, in comune accordo con la Diocesi di Piazza Armerina, fece spostare i festeggiamenti il 1° maggio. Questo spostamento non ebbe l’effetto desiderato, in quanto i barresi, da antica tradizione, andavano in pellegrinaggio alla vicina Aidone che, proprio in quel giorno, festeggia san Filippo Apostolo. La festa della Santa Famiglia fu spostata all’attuale data, quella dell’ultima domenica di luglio. Purtroppo a Barrafranca queste antiche tradizioni sono scomparse, fatta eccezione del pellegrinaggio a San Filippo Apostolo presso Aidone.

Fonti: www.focus.it; James Frazer, Il Ramo d’oro. Studio sulla magia e la religione, Bollati Boringhieri, 2013; Giuseppe Pitrè, Feste popolari siciliane, 1881; fonti orali.

Rita Bevilacqua

 

 

 

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