La Sicilia tra mafia e antimafia

La Sicilia tra mafia e antimafia

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Roberto Helg - Silvana Saguto

Da Bagheria a Punta Raisi, da Palermo a Caltanissetta, tanti i fatti che si sono verificati in questi ultimi giorni in Sicilia.

Lunedì scorso a Bagheria sono state emesse 22 misure cautelari per 22 boss di Cosa Nostra, sotto accusa per estorsione, grazie all’operazione “Reset 2” avviata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo nel 2013. Questa operazione ha consentito di intercettare più di 50 estorsioni ai danni di un gran numero di imprenditori e commercianti bagheresi, che dopo anni di paura, silenzio e accondiscendenza all’organizzazione criminale, hanno denunciato tutto alla stazione dei Carabinieri portando all’arresto i 22 boss.

Un risultato questo, frutto, del lavoro di questi anni da parte di forze dell’ordine, scuole, parrocchie e associazioni, che vede sempre più crescere la diffusione di una cultura antimafiosa, da parte dei commercianti, imprenditori e cittadini tutti. Chiaro segno che qualcosa sta cambiando e che spinge a continuare per la strada intrapresa” ha scritto in una nota il presidente dell’associazione Antiracket Bagheria Agostino D’Amato.

È sicuramente un’ottima notizia, un passo avanti per sradicare questo cancro da una terra ancora assediata e dilaniata da forti poteri ed organizzazioni criminali che continuano a curare i loro affari alle spalle della gente onesta e dei lavoratori siciliani.

Poi c’è un’altra realtà. Una realtà forse ancor più tragica e triste che non riguarda direttamente Cosa Nostra e le organizzazioni criminali, bensì dei personaggi che pur professandosi da anni paladini dell’antimafia e della legalità, vengono sorpresi ad intascare tangenti sottobanco. Ed è proprio quello che è accaduto nel mese di marzo a Palermo, quando l’ex presidente della Camera di Commercio ed ex vice presidente della Gesap (società che gestisce l’Aeroporto Falcone e Borsellino di Palermo) Roberto Helg è stato colto in flagranza dai Carabinieri mentre prendeva una tangente da 100.000 euro. A denunciarlo era stato Santi Palazzolo, un coraggioso imprenditore siciliano, gestore di una pasticceria all’interno dell’Aeroporto di Palermo che, secondo Helg, avrebbe dovuto pagare una tangente (inizialmente da 150.000 euro, poi “trattata” a 100.000) per il rinnovo della concessione dello spazio e per la prosecuzione della sua attività all’interno dell’Aeroporto.

Pochi giorni fa è arrivata la condanna da parte del giudice Daniela Cardamone, a 4 anni e 8 mesi di carcere per Roberto Helg, più il pagamento delle provvisionali di trentamila euro all’imprenditore Palazzolo e quindicimila ad ognuna delle parti civili. Inoltre la Procura è convinta che Helg abbia avuto dei precedenti. “Non c’è stata una pianificazione – dice il procuratore aggiunto di Palermo Dino Petralia nella requisitoria – la naturalezza con cui ha agito Helg, fa pensare a una assuefazione dell’imputato” alla richiesta di tangenti.

Eppure lo stesso Helg partecipa da anni a svariati dibattiti, convegni e manifestazioni di ogni genere contro le mafie, salvo poi tenere comportamenti in puro stile mafioso, nei panni di chi dovrebbe invece garantire la legalità durante lo svolgimento delle sue funzioni.

Altro caso attuale è quello del magistrato Silvana Saguto, ex presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, che è stata sospesa dalle sue funzioni e dallo stipendio da parte del Consiglio superiore della magistratura, dopo l’avvio di un’indagine a suo carico per corruzione da parte della Procura di Caltanissetta. I fatti di cui è accusata la giudice Saguto riguardano sei illeciti disciplinari, secondo cui ci sarebbero nomine e compensi per amministratori giudiziari “in cambio di incarichi o consulenze assegnate a componenti del nucleo familiare del magistrato, da amministratori nominati in occasione di procedure di prevenzione disposte da tribunali diversi da quello di Palermo”, come si legge nella richiesta del ministro della Giustizia Andrea Orlando e del procuratore generale della Cassazione Pasquale Ciccolo inviata al Csm. Saguto quindi, ha fatto “un uso distorto” della sue funzioni per “interessi privati”, “peraltro in un contesto che inevitabilmente investe, per la sede in cui i fatti sono maturati, la credibilità stessa della risposta delle istituzioni al fenomeno mafioso”. Inoltre, aldilà dei risultati dell’indagine penale, “le verifiche” degli ispettori ministeriali hanno riscontrato delle “gravi irregolarità anche sotto il profilo degli adempimenti di carattere amministrativo”, specifica il Guardasigilli Orlando.

Venerdì scorso la giudice Saguto si è presentata assieme al suo avvocato al Palazzo dei Marescialli (Csm) a Roma, dove durante l’interrogatorio ha negato e respinto tutte le accuse a suo carico. Ieri invece è giunta la decisione del Csm che ha accolto la richiesta del ministro Orlando e del Pg della Cassazione Ciccolo sospendendo il magistrato dalle sue funzioni e dallo stipendio.

La strada dell’antimafia appare dunque ancora molto lunga ed impervia, specie quando chi è chiamato a guidare, marcia controsenso.

Calogero Aquila

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