Giovani: Choosy o intraprendenti?

Giovani: Choosy o intraprendenti?

Appaiono ormai lontani i tempi in cui i giovani italiani venivano definiti «bamboccioni» o «choosy» ed accusati di essere l’Italia peggiore. Con la ricerca realizzata dal Censis per il Padiglione Italia di Expo 2015 e intitolata «Vita da Millennials: web, new media, startup e molto altro. Nuovi soggetti della ripresa italiana alla prova», arrivano le ufficiali smentite: i Millennials italiani, i giovani di età compresa tra i 18 e i 34 anni, risultano essere intraprendenti, innovatori e in grado di adattarsi alle difficoltà, ai cambiamenti e alle nuove esigenze del mercato del lavoro.

La generazione dei Millennials è inoltre una realtà in grado di muoversi sulla frontiera dell’innovazione e del continuo rapporto, sia nel lavoro che nella vita sociale, con le nuove tecnologie che offrono opportunità e strategie a chi è capace di utilizzarle e sfruttarle al meglio. Questo è uno degli elementi che differenziano le giovani generazioni da quelle immediatamente precedenti dei cosiddetti Baby boomers, ovvero i lavoratori in età compresa tra i 35 e i 64 anni.

Il continuo aggiornamento, le alte qualificazioni, la progressiva formazione e il sapersi relazionare con tutti, sono solo alcuni degli ingredienti costitutivi della formula vincente che identifica un Millennial e lo contraddistingue dai suoi colleghi più anziani.

I dati Censis 2015 rilevano una maggiore sensibilità da parte dei più giovani, al rispetto degli orari di ingresso e uscita dai luoghi di lavoro, la massima disponibilità lavorativa (sia a distanza che fuori delle ore di lavoro) per mezzo di web e di device tecnologici; inoltre risultano essere più intraprendenti e sicuri nel prendere decisioni e nello svolgimento di mansioni in completa autonomia.

Ma il risultato che più colpisce è quello di una persistente vocazione all’imprenditorialità e alla creazione di startup innovative, che cancellano gli stereotipi dei giovani fannulloni e viziati e dimostrano invece l’esatto contrario.

Alla luce di questi dati, sorge spontaneo domandarsi se realmente riusciamo valorizzare e a sfruttare al massimo questo potenziale puntando su queste risorse, oppure no. La risposta non è positiva.

Oggi la priorità è quella di riuscire a rendere accessibili gli spazi, continuamente richiesti dai giovani e molto spesso negati, dando loro la possibilità di svolgere le attività lavorative e di formazione, creando nuove opportunità con investimenti mirati nei settori strategici e promuovendo la crescita e lo sviluppo delle realtà esistenti. In caso contrario si rischia, con grande facilità, che quelle competenze e quelle capacità maturate nel nostro Paese, possano emigrare verso paesi più attenti e sensibili su questi temi, o peggio ancora si rischia di ridurre ancor di più gli spazi e perdere queste importanti risorse, sbarrando le strade a questi giovani di talento e costringendoli a conformarsi e adeguarsi alla staticità, ai limiti e alle esigue offerte dell’attuale mercato del lavoro italiano.

Negli anni è cresciuta tantissimo la disoccupazione giovanile e l’accesso al mercato del lavoro è divenuto sempre più limitato, con un sistema che ha alimentato la precarietà a discapito della stabilità del lavoro. Altro fenomeno che ha incrementato la percezione negativa dei giovani inoccupati è quello dei Neets, i giovani che per difficoltà legate all’accesso al mondo del lavoro e per sfiducia nel futuro, non studiano, non lavorano e addirittura rinunciano alla ricerca di un’occupazione. Oltre a questa però, è innegabile un’altra realtà, costituita da 2,3 milioni di giovani che pur di entrare nel mondo del lavoro e riuscire ad ottenere l’occupazione desiderata, si accontentano momentaneamente di lavori che a volte non sono in linea con la loro qualificazione, nell’attesa di nuove e migliori opportunità.

Adattamento e flessibilità contraddistinguono quindi i giovani lavoratori che, come emerge dall’indagine Censis, in 3,8 milioni lavorano oltre l’orario formale (+17,1% rispetto ai colleghi adulti), spesso senza ricevere un pagamento straordinario e ad una parte di questi capita di lavorare anche la notte o nei week end. A questo si aggiungono la distanza tra casa e lavoro, i viaggi per lavoro, ma anche la possibilità di lavorare connessi, in remote che moltiplica il tempo di lavoro e permette di lavorare ovunque ci si trovi e fuori dagli orari di lavoro.

Sempre più velocemente cambiano le esigenze e le modalità di lavoro ma i Millennials abituali si dimostrano flessibili, dinamici e anche pronti a rimettersi in gioco per nuove sfide.

Tra i settori e le occupazioni più sensibili ai cambiamenti vi sono certamente quelli legati all’imprenditoria. L’impresa italiana è da sempre simbolo di grande qualità, sinonimo di creatività e di eccellenza mondiale; oggi risulta essere il terreno fertile per migliaia di giovani imprenditori.

Da aprile a giugno 2015 le imprese avviate in Italia dagli under 35 sono state quasi 32 mila, con 11.050 cessazioni e un saldo attivo di 20.542 imprese; quasi un terzo del totale delle nuove imprese iscritte ai registri ufficiali è costituito da imprese giovanili (il 32,3%), mentre il totale di queste realtà giovanili è salito a oltre 594 mila pari al 9,8% del totale delle imprese presenti nel territorio italiano.

Per rendere meglio l’idea si può dire che si sono avviate 300 imprese giovanili al giorno in più, nei tre mesi analizzati (da aprile a giugno), week end inclusi, con un tasso di crescita del 3,6% (rispetto al trimestre precedente) a fronte dello 0,6% del tasso di crescita complessivo.

Le imprese giovanili non si fermano al Nord, ma nascono e crescono anche al Sud Italia; il 40,6% del totale delle nuove imprese nate nel meridione sono giovanili e il loro tasso di crescita trimestrale (da aprile a giugno) è stato del 3,5% (rispetto al trimestre precedente) contro lo 0,6% per il totale imprese presenti nel Mezzogiorno.

Altre realtà in continuo aumento e che meritano attenzione sono le startup innovative, che nel giugno 2015 hanno raggiunto quota 4.248 iscritte alla sezione speciale del Registro delle imprese, e tra queste 1.005 hanno come titolare un under 35, mentre in altre 1.724 c’è almeno un giovane tra i soci.

Questi dati, alla luce del periodo di grave crisi economica e delle difficoltà sopracitate, sono più che sorprendenti. I giovani italiani, alle barriere del mercato del lavoro, ai rischi di precarietà e di fallimento, rispondono con grande vitalità e intraprendenza, con coraggio e voglia di riscatto.

Calogero Aquila

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