PIETRAPERZIA. Ricerche sul patrimonio artistico e monumentale di Pietraperzia.

PIETRAPERZIA. Ricerche sul patrimonio artistico e monumentale di Pietraperzia.

- in Pietraperzia

 PIETRAPERZIA.  Sono state effettuate dal professore barrese Filippo Salvaggio. Lui, docente alla secondaria di secondo grado “Giovanni Falcone” di Barrafranca e storico di grande spessore, è stato, per tanto tempo presidente della Pro Loco di Barrafranca. Filippo Salvaggio, per la serie “Pietraperzia, Monumenti Dimenticati” ha puntato la sua attenzione  Sulla chiesa rurale della Madonna dell’Olivo o del Lume. Numerose le fonti da cui Filippo Salvaggio ha trato spunto. Queste le sue annotazioni: Fra’ Dionigi Bongiovanni da Pietraperzia, autore di storia locale vissuto nel XVIII secolo, scrisse sommariamente queste parole su una chiesa, attualmente dimenticata: <<Finalmente lontana dal Paese poco men, che altrettanti passi (500, n.d.r.) dall’Oriente, abbiamo in un luogo detto dell’Oliva, la Chiesa di Maria SS. il tit. “dello Lume”, che siccome anticamente, così oggi la divozione alla Vergine vedesi fervorosa>> [1]Lo storico, dunque, testimonia la presenza di una chiesa rurale e di culto ad essa collegato, addirittura pieno di fervore. Cosa è rimasto oggi della chiesa della Madonna dell’Olivo o del Lume? Il culto della Madonna del Lume, presente anche a Barrafranca, in quanto nella chiesa di Maria SS. della Stella è custodita una tela riferita a tale titolo, ebbe origine a Palermo nel 1722 da una visone di una veggente (vd. fig. 0). Il 6 febbraio 1738, papa Clemente XII autorizzò il Culto a Maria SS. del Lume, stabilì la data della festa nella seconda domenica di settembre e concesse indulgenza plenaria a chi presenziava la messa in tale occasione. Il 1738, dunque, è considerabile un termine temporale non ante quem, utile alla datazione della chiesa rurale pietrina. Madonna del Lume, tela conservata presso la sagrestia della chiesa Maria SS. della Stella di Barrafranca (EN).

Iconografia: la madonna con la destra solleva un’anima del purgatorio verso il paradiso, con l’altra regge Gesù Bambino che mette i cuori delle anime salve in una cesta sorretta da un angelo”. “Se si effettua – scrive ancora Filippo Salvaggio – una ricerca toponomastica, ancora oggi è possibile individuare una contrada detta “Oliva”, come del resto, ci attesta un cartello stradale posto all’imbocco di una trazzera (vd. fig. 1), che si trova nei pressi dell’attuale stazione di servizio dei fratelli Tummino ex “Oasi di Caulonia”, a distanza di circa 50 metri, dirigendosi verso Caltanissetta. A circa 100 metri dall’imbocco di detta trazzera, ci si ritrova in uno slargo in cui campeggia quella che sembra essere un’antica dimora o “roba”, ormai abbandonata e in degrado, oltre che circondata da sterpaglie  (vd. fig. 2 freccia azzurra e fig. 2a). Sul retro della roba verso nord-ovest si trovano i ruderi di un’antico fabbricato rettangolare più modesto rispetto al primo (coordinate 37.426416, 14.170872  vd. fig. 2 freccia rossa): si tratta proprio della chiesetta rurale della Madonna del Lume o dell’Olivo. In seguito a una ricerca cartografica, consultando la “Mappa topografica degli Stati in Terraferma di S.M. il Re di Sardegna (1852-1867)“, è possibile osservare la posizione della chiesa della Madonna dell’Olivo (vd. figg. 3 e 4). Si può anche considerare che la chiesetta rurale contrassegnata in fig. 2 con la freccia rossa è orientata nord-sud con facciata verso mezzogiorno e misura circa 7 metri per 5 di larghezza (coordinate geografiche 37.426420, 14.170884). Dei quattro muri perimetrali se ne sono conservati solo tre: la facciata è crollata, così come il tetto (vd. figg. da 5a  fino a 5l). Le mura hanno lo spessore di 50 centimetri e sono state costruite con pietre e gesso (vd. figg. 6 a, b, c); tutta la chiesetta è rivestita in gesso. All’interno, si può ancora notare la cornice in gesso che circondava la pala d’altare dedicata alla Madonna del Lume, di cui non si ha traccia; probabilmente è stata trasferita in una delle chiese pietrine. La tela misurava, all’incirca, 1,5 metri per 2. La cornice è stata scalfita in alto per inserire il tirante in ferro che, attualmente, è sganciato e pericolante (vd. figg. 7 a, b, c, d). Al centro della chiesetta si nota uno sprofondamento della terra che copre tutto il pavimento originario, da indagare: forse vi era una cripta o un’ossario. Non vi sono evidenti tracce di affreschi, ma solamente tre saggi effettuati in ognuna delle tra pareti rimanenti da qualche predone (vd. figg. 8 a, b). L’altare è stato distrutto e si nota proprio alla base della cornice in gesso la traccia dell’incasso del marmo, ormai divelto (vd. fig. 9). Non sarà, comunque, stato un caso la fondazione di una chiesa dedicata proprio a questo titolo mariano e in contrada Oliva: ancora oggi quel territorio è pieno di uliveti di gran pregio e secolari. La contrada, per di più, è adiacente a quella denominata “Lucu“, dove vi sono state delle ricognizioni per catalogarne la necropoli appartenente alla cultura micenea con tombe circolari [2]. Un luogo che doveva essere, quindi, sede del “lucus“, bosco sacro. Interessante è anche il legame semantico Lume-Olivo: l’olio era usato per le lanterne e simboleggiava la veggenza e la saggezza. Potrebbe, comunque, essere probabile che la chiesetta fu edificata dai signori che possedevano il sottostante casale.  Lo storico barrese Filippo Salvaggio continua: “Ad ogni buon conto, si auspica la dovuta messa in sicurezza contro futuri crolli e la valorizzazione di questo gioiello che si aggiunge nuovamente al già notevole patrimonio artistico, storico, religioso e monumentale pietrino.
Il culto della Madonna del Lume in Sicilia è molto diffuso grazie ai Gesuiti [3], anche nell’entroterra come testimonia la presenza di una tela a Mazzarino (vd. fig. 10), attualmente conservata presso il museo di arte del sacra del Centro culturale “Carlo Maria Carafa” all’interno dell’ex Collegio dei Gesuiti. Il culto ha avuto diffusione mondiale in Spagna, in Messico, in California ecc… [4] A Palermo, centro diffusore, si ha una confraternita e si festeggia, anche con processioni, l’ultima domenica di luglio”. Alla fine delle sue annotazioni Filippo Salvaggio cita le fonti:

[1]  P. fra’ Dionigi, Relazione critico-storica della prodigiosa invenzione d’una immagine di Maria Santissima chiamata comunemente della cava di Pietrapercia, (Ripr. dell’ed. Palermo nella Stamperia della Divina Provvidenza, 1776. – In testa al front.: Pietraperzia dalle origini al 1776) trascritta da Salvatore di Lavore, presentata da Filippo Marotta, Pietraperzia, Tipolitografia Di Prima, 2004, p. 275.
[2]  Tusa S., Nicoletti R., Il territorio di Pietraperzia dalle origini alla conquista normanna, Roma, Aracne editrice, 2014, pp. 339-341.
[3] Si veda il seguente sito per approfondimenti teologici e per consultare delle preghiere rivolte alla Madonna del Lume: https://stellaitblog.blogspot.com/2014/09/maria-ss-del-lume.html

[4] Si veda il seguente blog: http://www.arcipreturalinera.it/la-diffusione-del-culto-di-maria-ss-del-lume-nel-mondo/. Lo storico barrese non dimentica di ringraziare   il bibliotecario Antonio Caffo,  il geologo Salvatore Palascino e il professore Michele Buccheri – tutti e tre di Pietraperzia – oltre che oltre che  Rodolfo Amico, e il dottore barrese Angelo Antonio Faraci “per i preziosi suggerimenti”. GAETANO MILINO

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