Dopo oltre 9 mesi, indagati due medici della Rianimazione per un tredicenne barrese il quale era stato ricoverato dopo la puntura di una zecca

Dopo oltre 9 mesi, indagati due medici della Rianimazione per un tredicenne barrese il quale era stato ricoverato dopo la puntura di una zecca

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“Chiediamo di conoscere la verità. Sono trascorsi 9 mesi e due settimane dalla morte di nostro figlio Calogero, ma ancora non sappiamo cosa, realmente lo ha ucciso e se ci sono state responsabilità”.
È l’accorato appello di Angelo Tropea e Giuseppina Drogo, il papà e la mamma del ragazzino di soli 13 anni, spirato nel reparto di rianimazione dell’ospedale Umberto I di Enna il 6 settembre 2015. Per la vicenda sono indagati due medici in servizio al reparto di Rianimazione dell’ospedale ennese, con l’ipotesi di omicidio colposo e negligenza. “Ancora oggi noi non sappiamo se Calogero è stato realmente ucciso dalla puntura di una zecca e se le terapie alle quali è stato sottoposto sono state corrette – aggiungono i coniugi Tropea – perché quando nostro figlio è morto ancora mancava la diagnosi certa, e la malattia da zecca era una ipotesi non supportata dalle analisi perché quelle effettuate a Enna non confermavano l’infezione e i risultati di quelle inviate a Palermo non erano pervenuti. Vogliamo lanciare un appello affinché le consulenze disposte dalla procura vengano depositate e finalmente si cominci a fare chiarezza. Noi vogliamo la verità”.
I genitori di Calogero sono assistiti dall’avvocato Angelo Tambè che ha presentato l’esposto dopo la morte del tredicenne e ottenuto il sequestro di tutta la documentazione medica e l’autopsia.
La procura di Enna ha incaricato i patologi Cataldo Raffino e Mario Mangano e come consulente tecnica la patologa Raffaella Gentile del “San Vincenzo” di Taormina. Il deposito delle consulenze era previsto per i primi di giugno, ma ancora non è avvenuto. I genitori di Calogero comprensibilmente temono che l’attesa si protragga. Calogero era un ragazzo pieno di vita e di interessi, Il ragazzo da alcuni giorni accusava malessere e febbre, attribuiti ad uno stato influenzale.
La febbre era poi salita improvvisamente e Calogero si era recato dal medico di famiglia, ma mentre si stava sottoponendo alla visita aveva avuto una crisi convulsiva. Era stato lo stesso medico a chiamare l’ambulanza e ad accompagnarlo all’Umberto I dove era stato subito ricoverato in rianimazione. Ai genitori però sarebbe stato comunicato solo il giorno successivo che il tredicenne era entrato in coma. All’Umberto I erano state eseguite Tac e accertamenti, ma durante i 5 giorni di ricovero ai familiari non è stata indicata una diagnosi certa.
“I miei clienti – aggiunge l’avvocato Tambè – sono un papà ed una mamma che chiedono di sapere cosa ha ucciso il figlio e di accertare se vi sono stati eventuali errori di valutazione e se le procedure terapeutiche seguite era quelle giuste”.
GIULIA MARTORANA (Fonte LA SICILIA)




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